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Che cos’è la contraccezione d’emergenza?


Definita anche contraccezione “del giorno dopo” o contraccezione “post-coitale”, è un metodo contraccettivo occasionale a cui si ricorre nelle ore immediatamente successive a un rapporto a rischio.
È quindi una contraccezione che consente di evitare il ricorso a un’interruzione volontaria di gravidanza.
I metodi praticati sono sostanzialmente due:
1. l’uso della pillola del giorno dopo
2. l’inserimento di una spirale.
Pillola del giorno dopo – È il metodo di gran lunga più usato ed il presente depliant, com’è stato detto, ne vuole illustrare in maniera chiara e dettagliata le modalià e i contenuti.
Spirale – Se la situazione anatomica lo consente, la funzione della pillola del giorno dopo può essere sostituita dall’inserimento di una spirale (o IUD) entro 5 giorni dal rapporto ritenuto a rischio.
I meccanismi di azione sono molteplici e complessi. L’efficacia di questo metodo raggiunge circa il 99%.

Ci sono altri mezzi, oltre alla contraccezione d’emergenza, per evitare una gravidanza indesiderata dopo un rapporto non protetto?


Bisogna sfatare alcune credenze purtroppo ancora oggi molto diffuse. Occorre, infatti, sapere che né l’applicazione dopo il rapporto di una crema spermicida (crema che va inserita in vagina prima di un rapporto e che ha la capacità di uccidere gli spermatozoi), né – a maggior ragione – l’acqua e il sapone o una qualunque lavanda vaginale possono impedire il verificarsi di una gravidanza.

Qual è l’efficacia della pillola del giorno dopo?


È tanto più alta, quanto prima viene assunta la prima compressa dopo il rapporto sessuale che potrebbe aver dato luogo a un concepimento. In uno studio scientifico recentemente realizzato su iniziativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la pillola del giorno dopo si è dimostrata efficace in oltre il 95% dei casi.

È assicurata una contraccezione efficace fino alle successive mestruazioni?


Certamente no. Questa contraccezione è efficace soltanto per il rapporto che ha motivato la sua assunzione.
Dev’essere quindi vivamente raccomandato di usare un altro metodo contraccettivo (spermicida, preservativo, diaframma) al momento dei rapporti sessuali successivi, fino all’arrivo delle mestruazioni.
Sarà poi necessario prendere in considerazione una contraccezione regolare e sicura.

La pillola del giorno dopo costituisce una protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili?


Assolutamente no. Il suo uso, come le altre forme di contraccezione che non siano “di barriera” (profilattico), non protegge dalle infezioni che si trasmettono per via sessuale (AIDS, epatite, herpes, condilomatosi, ecc.) e quindi è necessario utilizzare altre precauzioni.

Si può utilizzare la pillola del giorno dopo come contraccezione di routine?


No. Ogni contraccezione d’emergenza deve rimanere assolutamente occasionale. Non deve in alcun caso sostituire una contraccezione regolare.
Bisogna, infatti, ricordare che questo metodo non permette sempre di evitare una gravidanza; inoltre, è efficace solo per rapporti avvenuti in un ristretto numero di ore.

Cos’è la cosiddetta “piaghetta” del collo dell’utero?


Questo brutto e improprio termine viene ancora usato per definire un aspetto del collo dell’utero estremamente frequente tra le donne, specie le più giovani. La portio (cioè la parte del collo dell’utero visibile in fondo al canale vaginale) di solito, è rivestita da un epitelio piuttosto resistente, di colorito roseo. Al centro del collo dell’utero e’ visibile l’orifizio del canale cervicale, che conduce alla cavita’ uterina. Il canale cervicale invece è tappezzato da un diverso tipo di epitelio, di colore più scuro, le cui cellule producono muco (epitelio cilindrico).
In particolari condizioni ormonali, alla pubertà o durante la gravidanza ad esempio, può verificarsi una estroversione dell’epitelio cilindrico: in questo caso durante la visita ginecologica sul collo dell’utero sarà visibile, attorno all’orifizio del canale cervicale, una zona di colore roseo piu’ intenso: è questa la situazione che spesso viene etichettata come “piaghetta”.
In realtà si tratta una condizione fisiologica, che non necessita perlopiù di alcun trattamento e nella maggior parte dei casi tende a regredire spontaneamente con l’età.

E’ normale che a pochi giorni dalle mestruazioni (circa 4-5 giorni prima che comincino) si indurisca il seno e capiti di sentire un seno più duro dell’altro, come se ci fosse qualcosa dentro?


Il seno, anche se fisicamente distante dal resto dell’apparato genitale, funzionalmente ne fa parte. Ciò significa che partecipa e risponde a tutte le variazioni ormonali che si susseguono durante il ciclo.
E’ quindi del tutto fisiologico l’inturgidimento (a volte anche doloroso) delle mammelle nella fase che precede la mestruazione, che generalmente si risolve col sopravvenire del flusso.
A volte però questo fenomeno non è omogeneo per tutta la ghiandola, ma si manifesta in maniera più spiccata in una limitata zona, col risultato che la sensazione risulta più percepibile. Alla sensazione soggettiva di dolenzia (che in termine tecnico si definisce mastodinia) può, come nei casi citati, non corrispondere la presenza di noduli o tumefazioni evidenti, ma solo appunto quella di un’area più densa, più consistente rispetto al resto del seno.
Con la pratica dell’autopalpazione, specie se praticata regolarmente, si può imparare a riconoscere le variazioni transitorie e fisiologiche della ghiandola mammaria, anche prima di ricorrere al consulto con lo specialista. E’ vero però che molte donne provano una certa resistenza a praticare l’autoesame del seno: resistenza che va vinta, certo con l’aiuto del proprio medico, perché si tratta di uno strumento prezioso della prevenzione, sempre a disposizione e molto efficace una volta che la donna abbia imparato ad usarlo correttamente.
Sarà così possibile rilevare che molti di questi disturbi scompaiono col variare delle fasi del ciclo, segno evidente che si tratta di modificazioni fisiologiche.
Qualora questo non accada e la sensazione risulti persistente sarà certo il caso di rivolgersi al ginecologo o ad un senologo, il quale, soprattutto laddove esista una familiarità per tumori della mammella, valuterà l’opportunità di effettuare esami strumentali: ecografia e mammografia, che permetteranno di chiarire in maniera precisa la natura del disturbo.

 

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